TITOLO: Non superare le dosi consigliate
AUTORE: Costanza Rizzacasa D’Orsogna
EDITORE: Guanda
PREZZO: cartaceo 18,00€ – e-book 9,99 €
PAGINE: 249
“Non c’è un problema che un farmaco non curi, mamma lo dice sempre. A casa nostra non si parla, si prendono medicine. Così lei mi dà il Dulcolax ogni sera perché sono una bambina grassa. Due compresse, quattro, otto. E io non so che legame ci sia tra il Dulcolax e una bambina grassa, visto che non dimagrisco…” C’è un peso che non si può perdere, anche quando l’hai perso tutto. Matilde lo sa: la mamma, bulimica, passa le giornate a vomitare; lei ha cominciato a ingrassare quando aveva sei anni ed è affamata da una vita. A scuola elemosina biscotti, a casa ruba il pane, e intanto sogna che le taglino la mano.
Ottanta chili a sedici anni, a diciotto quarantotto; Matilde va in America a studiare, splende, ma la fame e la paura le vengono dietro. Finché, dopo la morte della madre, il tracollo finanziario del padre e una relazione violenta, supera i centotrenta chili. E quando esce, c’è sempre qualcuno che la guarda con disprezzo. Allora Matilde si chiude in casa per tre anni, e sui social si finge normale. Ma che vuol dire normale? Un romanzo crudo e potente tra due lingue e due culture, tra gli anni Settanta e oggi. Un libro vorticoso tra perfezionismo, autolesionismo, menzogna e dipendenze.
“Non superare le dosi consigliate” è un libro che parla al cuore. Apparentemente è un romanzo che narra la storia di Matilde, una donna che, giunta a quasi 50 anni, sceglie di raccontare tutta la sua storia. In realtà appare più come un diario scritto di getto, nato dall’esigenza di urlare al mondo il proprio essere, le proprie difficoltà e le proprie conquiste. E’ la stessa protagonista che ci aiuta a capire il vero fine e il vero significato di questo romanzo:
“Vi fa paura perchè potrebbe succedere anche a voi. […] E penso che per tutta la vita ho fatto lo yo-yo, che non c’è mai stata una volta che il mio peso fosse stabile, o ingrassavo o dimagrivo, non come le persone normali che magari nell’adolescenza fluttuano ma poi si stabilizzano, e mangiano e non mangiano è lo stesso, la foto sul documento non cambia più di tanto. Il baratro è lì. Sempre. Questo corpo non è il mio. Portalo via.”
Matilde è la narratrice di questa storia che la vede protagonista. Nata in una famiglia molto particolare, Matilde imparerà sin da piccolissima che non c’è un problema che un farmaco non possa curare. Questo le diceva sempre sua madre che ha sempre sofferto di bulimia e che ha molto spesso superato le dosi consigliate di qualsiasi tipo di farmaco. Matilde cresce con l’incubo del peso e con la fissazione per il cibo. Ogni periodo della sua vita sembra essere scandito da un ricordo di una pietanza, di una merenda, di un’abitudine alimentare e subito dopo l’età Matilde è abituata a riportare il suo peso.
E così questo libro diviene un racconto incostante, un caotico passaggio da un ricordo del passato a un evento del presente che da una parte sconvolge e disorienta il lettore, ma dall’altra rende molto bene l’idea del caos presente nella vita e nella mente della protagonista. Dalla quasi anoressia alla quasi bulimia, dall’essere una binge eater all’amenorrea per l’eccessiva perdita di peso. Tutta la vita di Matilde è segnata da un’altalenante modificazione del suo corpo e ogni singolo evento che le si presenta davanti non fa che rallentare o velocizzare l’andamento di questa altalena.
Se l’esempio della madre e le abitudini familiari non le sono di grande aiuto, c’è da dire che Matilde non sarà molto fortunata nemmeno con il resto. Dagli episodi di violenza sessuale subita, all’interruzione di gravidanza, dalla storia “d’amore” con Filippo alla morte della madre. Tutta la vita della protagonista è segnata da eventi molto difficili e da avvenimenti che metteranno alla prova il suo già debole equilibrio. L’unico punto luminoso e abbastanza costante in tutto il racconto sembra essere la sua vita professionale di successo, la passione per la scrittura e per il giornalismo.
Ho amato davvero tanto “Non superare le dosi consigliate”, ma non nel solito modo in cui un lettore si appassiona alla trama o si affeziona a un personaggio. Sono sincera: questa lettura mi è piaciuta molto, ma raramente sentirò il bisogno di ripeterla. E dico questo perchè ciò che ho letto mi ha fatta soffrire, come se la protagonista fosse una mia stretta amica e io non fossi riuscita a fare nulla per poterla aiutare o per “alleviare” le sue sofferenze negli anni. Questo libro è un racconto molto coraggioso, tanto duro, semplicemente perchè reale. La vita di Matilde appare come un vortice che lei non riesce a controllare, dove però c’è spazio per uno spiraglio di luce e di speranza.
VOTO: 4/5
CITAZIONI:
“A casa nostra c’è un farmaco per qualsiasi cosa, prima nell’armadietto dei medicinali in bagno, poi nel mobile bianco che è più grande. Siamo moderni e molto laici. Mamma e papà mi mandano a scuola dalle suore, ma solo per avere un posto dove dimenticarmi.”
“Volevo che soffrissero. Li avevo già condannati. L’anoressia è così banale. Come se poi della mia salute gliene fregasse qualcosa.”
“Per anni ho vissuto nell’odio. L’odio è il motivatore più grande, finchè non sbagli le dosi, perchè anche l’odio può dare dipendenza e finisce per divorare te.”
“Sapere che cos’hai è il primo passo verso la soluzione, ma non sempre sei catalogabile. Ci sono anoressiche che non dimagriscono troppo, bulimiche che non vomitano. I medici spesso non hanno la risposta.”